La costante crescita degli Esport: dalla virtualizzazione degli sport “reali” all’interesse delle università
E-sports are constantly growing: what will it be their future? Let’s see what are the possibilities of this industry.
Quello degli esports è un settore in costante crescita.
Le stime rilasciate a fine anno scorso da Newzoo – azienda specialistica che si occupa di analisi dei dati legata al mondo videoludico – parlano chiaro: nel 2019 il pubblico degli esports a livello mondiale ha raggiunto circa 500 milioni di persone (i giocatori, d’altra parte, sono a loro volto centinaia di milioni – anche se pochi sono PRO) e il giro d’affari ha superato 1 miliardo di dollari.
E il 2020 non potrà che essere ancor più florido, complici le note contingenze sanitarie.
Tante piccole spie lo evidenziano:
ad esempio, in questo periodo di pausa forzata, tutti gli sport legati al mondo dei motori hanno vissuto una virtualizzazione che non ne ha compromesso l’interesse, anzi.
Negli Stati Uniti, la NASCAR ha lanciato circa un mese fa la eNASCAR iRacing Pro Invitational Series, trasmessa su Fox e su FS1.
I risultati in termini di ascolti sono stati sin da subito estremamente positivi, con oltre un milione di telespettatori già a partire dalla seconda settimana.
E per notare l’interesse crescente anche da parte dei media mainstream non è necessario andare Oltreoceano: basta infatti sintonizzarsi sui canali Sky in terra tricolore per vedere quanto spazio è stato dedicato alla versione esportiva di Formula 1 e MotoGP.
Rimanendo all’Italia – e andando allo sport sicuramente più gettonato (il calcio, inutile anche dirlo) – tutte le compagini professionistiche si stanno adoperando / si sono adoperate per assumere dei pro gamer in vista di possibili competizioni ufficiali: se quindi società che fatturano ogni anno decine di milioni di euro (limitandoci ai fatturati delle squadre di Serie A) si buttano sul mercato, significa che i margini di crescita sono davvero importanti.
E così, in questo tempo di coronavirus, sono stati molteplici i match (amichevoli e/o piccoli tornei) che hanno visto progamer di Fifa o PES “scendere in campo” per sfidarsi, regalando ai tifosi una versione virtuale del gioco più amato dagli italiani.
La speranza è che non si sia obbligati all’egaming dal Coronavirus, ma bisogna dire che la “campagna acquisti” da parte delle compagini professionistiche di calcio di appositi pro gamer era iniziata già prima della pandemia.
Ma non solo sport veri e propri costretti alla virtualizzazione causa Covid: l’interesse verso l’universo videoludico / legato all’egaming inizia a prendere piede anche in ambito accademico (per adesso negli States, ma siamo presti che certo questo interesse prenderà piede anche nel resto del mondo).
Basti pensare che un college americano ha lanciato un apposito corsi di laurea: si tratta di una notizia di una ventina di giorni fa, con l’Università dell’Ohio che ha organizzato un corso di Laurea in “Scienza del Gaming e della programmazione”.
Rimanendo agli Stati Uniti, un’altra Università (quella della Florida del Sud – USF) ha lanciato un programma ufficiale che dà l’opportunità ai videogiocatori dei tre campus su cui si estende l’università di sfidarsi in appositi campionati (sei i giochi presi in considerazione, da Rocket League a FIFA).
Cos’altro ci riserverà il futuro?
Lo scopriremo ben presto e in tal senso anche il fiorire di realtà di settore – tra cui Esports247 – testimonia che l’interesse è sempre più alto.