Girare un film con uno smartphone: è davvero cinema?
Shooting a film with a smartphone: is it possibile? Can we call it “cinema”? Let’s find out!
Chissà se i fratelli Lumiérè lo sapevano che prima o poi avremmo abbandonato le sale cinematografiche per guardare i film on demand e le macchine da presa avrebbero lasciato il posto ai telefoni cellulari.
Certo, l‘avanzamento tecnologico non spazza via il concetto originario di “cinema”, ma in qualche modo prova a trasformarlo, adattandolo alle esigenze (economiche e non – perché non tutte le produzioni indipendenti possono permettersi di affittare una Red o una ARRI) di una determinata produzione e, di conseguenza, anche del nuovo pubblico di riferimento.
C’è che non è solo il cinema ad essere cambiato, ma l’intera concezione di intrattenimento. Siamo sempre più abituati a vedere video riprodotti sul nostro smartphone, al punto da esserne quasi assuefatti, e in qualche maniera i nostri standard hanno preso una piega piuttosto singolare: da un lato, infatti, ci sono i giovani nativi digitali, che cercano nell’esperienza audiovisiva qualcosa di nuovo e sempre più stimolante; dall’altro lato, invece, ci sono gli over 50, che hanno sempre meno familiarità con i social network e rimangono ancorati a un’esperienza audiovisiva più vicina al passato.
Non si prendono posizioni e non è una gara, ovviamente, ma su una cosa bisogna necessariamente concordare, per poter mantenere vivo il discorso: il cinema è un’arte estremamente moderna, che non può prescindere né dal mercato, né tantomeno dalle esigenze. In più, non può prescindere neppure dall’avanzamento tecnologico di cui sopra, che è estremamente democratico e permette a tutti (più o meno) di potersi avvicinare alla settima arte.
Provate a fare un salto nel tempo, di pochi anni, e a chiedervi: lo vedreste mai un film girato interamente con un cellulare? Bene, ora tenete a mente questa domanda e catapultatevi nel futuro, cioè oggi: vedreste mai un film girato con uno smartphone?
Non è facile rispondere a questa domanda e toccherebbe dare uno sguardo ai prodotti realizzati con questa tecnica, forse, prima di prendere una decisione. Ora: se vi dicessi che, nonostante tutti abbiano uno smartphone a propria disposizione, i film distribuiti al cinema sono meno di quelli che pensiamo?
A quanto pare, infatti, girare un film con lo smartphone non è così facile come può sembrare e la ragione è parecchio intuibile: con una macchina da presa è possibile modificare manualmente le impostazioni della camera e controllare la fotografia e la messa in scena in modo più o meno professionale e accurato; con uno smartphone questo procedimento è viziato dalle impostazioni di base del telefono (salvo alcune rare, ma trascurabili, eccezioni) e il risultato finale risente notevolmente dell’assenza di un supporto professionale di riferimento.
Il discorso è semplice: girare con lo smartphone ha diversi pro e altrettanti contro e la differenza è data dal messaggio che si vuole raccontare. Se quello che desideriamo è un effetto sporco, documentaristico e distorto della realtà, lo smartphone può essere un ottimo alleato. Se, invece, siamo alla ricerca di un risultato pulito, professionale e fotograficamente realistico (non reale, ma realistico), beh… ci conviene pensare a un metodo più tradizionale.
A riprova di questo discorso ci sono due film che sono usciti al cinema di recente e che sono il risultato positivo e negativo di questo cambiamento così radicale. Uno è Tangerine, di Sean Baker, l’altro è Unsane, di Steven Soderbergh.
Tangerine (S. Baker, 2015)
Sean Baker, regista indie americano tra i più apprezzati del suo genere, dirige nel 2015 il suo acclamato (a ragione) Tangerine, girandolo interamente con un iPhone 5s. Il risultato è sorprendente, perché la tecnica di ripresa favorisce l’immersione immediata nella scena, trasformando la messinscena in un racconto quasi documentaristico, crudo, dinamico, intenso – come peraltro richiesto e voluto dal regista. La fotografia è sporca e movimentata (se non addirittura mossa) e l’utilizzo di uno smartphone come strumento per le riprese favorisce il risultato finale, anziché penalizzarlo.
Unsane (S. Soderbergh, 2018)
Nel caso di Unsane, invece, il risultato è pressoché fallimentare, perché se da un lato l’utilizzo di una macchina da presa così compatta favorisce il contatto con gli attori, la possibilità di aggirarsi tra loro in modo agevole e indisturbato, dall’altro lato penalizza sensibilmente i piani lunghi, le profondità di campo, appiattendo sensibilmente la fotografia complessiva del film ed esaltando unicamente i primi piani, distorcendoli e rendendoli più disturbanti (l’unica nota positiva, trattandosi di un film horror).
Ai posteri l’ardua sentenza, dunque, come si direbbe in casi come questo. Non tanto perché manchino i dati necessari a rispondere alle domande poste finora, quanto perché il cinema, si sa, è quasi sempre una questione di messaggio, di come vuoi trasmetterlo e di cosa vuoi raccontare davvero. Il mezzo che utilizzi per farlo può certamente fare la differenza.
thanks to Luna of Idiotist.com